Incarnare l'Eccellenza e il Lusso Italiano attraverso la Cucina e l'Impegno Sociale: due chiacchiere con Antonio Guida.

In questa intervista esclusiva, esploreremo le delizie gastronomiche e l’eleganza senza tempo che definiscono il mondo di Antonio Guida, executive chef del ristorante Seta presso l’hotel Mandarin Oriental di Milano, scoprendo il perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione grazie al suo straordinario talento e alla sua visione avant-garde.

Antonio Guida, originario di Tricase, in Puglia, ha guadagnato fama internazionale per la sua cucina innovativa, lavorando in rinomati ristoranti sia in Italia che all’estero. Le sue creazioni hanno ricevuto due stelle Michelin e altri prestigiosi riconoscimenti.

Tuttavia, la sua influenza va oltre la cucina raffinata. Antonio Guida è noto anche per il suo forte impegno sociale e benefico. Il ristorante Seta riflette questa consapevolezza, rendendo la sua cucina non solo deliziosa, ma anche consapevole e responsabile.

Guardando al tuo percorso professionale si può certamente dire che tu sia abituato alle luci dei riflettori. Nonostante l’enorme successo raggiunto hai sempre dimostrato una grandissima umiltà e semplicità d’animo. Quali sono valori che ti guidano e che cerchi di comunicare attraverso la tua cucina?

"La mia missione è regalare emozioni agli ospiti, mettendo loro al centro dell'attenzione. Non si tratta solo di cucina, ma di creare un'esperienza che renda ogni giornata o serata davvero straordinaria. Mostrare massimo rispetto, attenzione e umiltà è fondamentale: considerando che per molti potrebbe essere un'esperienza unica, dobbiamo adattarci alle loro esigenze, rendendo ogni momento speciale, evitando di prenderci troppo sul serio e capendo che l'ospite è la vera stella della serata. Così che ogni occasione, specialmente gli anniversari e i momenti significativi, diventi un'esperienza memorabile."

Antonio, tu da sempre lavori in contesti extra lusso confrontandoti con una clientela raffinata internazionale. La tua cucina, la tua arte, è lusso. Ma qual è il tuo personale concetto di lusso e come si riflette nel tuo approccio culinario?

"È un’ottima domanda. Il lusso, se inteso come sinonimo di ostentazione, è qualcosa che non rientra nelle mie corde, anzi direi che proprio non mi piace. Si manifesta invece nel prendersi cura dell’ospite, nell’empatia e nella comprensione delle sue esigenze. Anche un piatto apparentemente semplice, preparato con cura e attenzione, rappresenta per me un’esperienza ricercata. Anche uno spaghetto alle vongole può essere considerato lusso. La vera essenza del lusso, a mio avviso, risiede nell’utilizzo di materie prime di alta qualità, che si tratti di pasta, pesce, frutti di mare o olio. La chiave sta nel possedere conoscenze e tecniche culinarie per trasformare questi ingredienti in piatti straordinari. Recentemente, nel nostro menù abbiamo dedicato uno spazio importante al pesce azzurro, come ad esempio il sugarello, un pesce economico ma straordinario. Questa scelta è stata molto apprezzata poiché ha evocato ricordi di sapori autentici, tipici dell’infanzia o dei momenti trascorsi con la famiglia. Il lusso, per me, è la capacità di creare esperienze che toccano le corde emotive, che fanno rivivere ricordi speciali, come quelli legati alla cucina della mamma o della nonna. Questo è ciò che trovo davvero emozionante, riportare alla memoria momenti preziosi della vita degli ospiti."

Negli anni la tua curiosità ti ha portato spesso all’estero, dove sei entrato in contatto con tradizioni culinarie e culture differenti. Queste esperienze hanno in qualche modo influito nella tua interpretazione in cucina? In che modo?

"Sì, assolutamente, quello è stato un percorso fondamentale per me. È una cosa che consiglio a tutti: girare, conoscere altre culture, altre lingue e in questo caso, altre tecniche e prodotti. Nel corso della mia carriera ho avuto l'incredibile opportunità di lavorare in Francia per diversi anni, collaborando con grandissimi chef. Questa esperienza ha accresciuto la mia passione per il lavoro culinario, arricchendo il mio bagaglio tecnico e approfondendo la conoscenza di vari prodotti. Inoltre, ho assorbito la cultura della cucina francese, di cui sapevo poco o nulla. Tra le tante esperienze ho avuto l'opportunità di lavorare diverse volte in Giappone, in Cina, a Los Angeles. È stato un periodo estremamente formativo, guidato dalla mia incessante curiosità. Per me è fondamentale non fermarsi mai, cercando costantemente di alzare l'asticella e spingersi oltre i propri limiti."

Quando si tratta della cucina italiana, riconosciamo senza dubbio che è uno dei patrimoni più importanti del nostro paese. Posso chiederti quali elementi distintivi dell'italianità hai preservato nel tuo stile e nella tua creatività gastronomica?

"La radice della gastronomia è sempre legata alle persone, spesso ancorate alle tradizioni regionali. È essenziale acquisire una profonda conoscenza di queste diverse culture culinarie, considerando la vasta diversità dell'Italia, con una ricchezza di cucine e piatti che si differenziano significativamente da una regione all'altra. La sfida chiave consiste nell'assicurare l'autenticità dei prodotti, dato che, nonostante la ricchezza, spesso ci troviamo di fronte a produzioni limitate e nicchie. Questo impegno richiede ricerca e dedizione, con l'obiettivo di preservare la qualità eccezionale che distingue la nostra cucina. "

Per quanto riguarda il tuo stile e le tue creazioni, come gestisci l’equilibrio tra l'innovazione e la tradizione all'interno dei tuoi piatti?

"Nella mia cucina cerco ispirazione dalla tradizione e la rinnovo con un tocco moderno. Come? Esploro nuove tecniche, magari inusuali, e rivedo piatti che erano popolari vent'anni fa, ma ora risultano datati. Riduco le porzioni puntando sulla qualità del sapore e degli aromi. Concentro l'attenzione sul gusto, privilegiando la qualità alla quantità. Cambia anche la stessa filosofia culinaria, con molti ristoranti che preferiscono offrire esclusivamente menù degustazione, rinunciando alle lunghe liste di piatti tradizionali. Questo spostamento del focus è notevole, anche se in passato era una pratica riservata a pochi intenditori. Un tempo, ad esempio, si faceva largo uso di salse ricche, cotture lunghe e piuttosto sostanziose. Oggi una cucina del genere sarebbe considerata fuori luogo. Nei ristoranti moderni si presta particolare attenzione, ad esempio, all'acidità, caratteristica che personalmente amo e che cerco sempre di inserire nei miei piatti."

Quali sono i tuoi ingredienti prediletti? Come li impieghi per creare esperienze gastronomiche uniche per i tuoi ospiti?

"Ce ne sono diversi, ma penso subito al limone. Amo il suo colore giallo e quel tocco di acidità e freschezza che aggiunge a tutti i piatti. Il limone è un elemento costante nelle mie creazioni, un ingrediente versatile che utilizzo in molte ricette. Una di queste è un piatto speciale che racchiude le mie esperienze culinarie in diverse parti del mondo: anguilla laccata al vino rosso con fegato grasso e salsa al rosmarino. Questo piatto è un concentrato delle mie origini nel sud e delle esperienze in Giappone e Francia, grazie alle tecniche di cottura e ai sapori unici. È come leggere un diario di viaggio attraverso il gusto."

Antonio, tu hai ereditato la passione della cucina da tua madre, la quale era solita organizzare grandi pranzi, e fin da piccolo hai contribuito alla loro preparazione. C'è un piatto che ti riporta all'infanzia, che ha un significato emotivo particolare e che hai riproposto o rielaborato nel tempo?

"Grazie a mia madre è nato il mio interesse per la cucina, inizialmente ispirato dall'amore per la pasticceria, sviluppandosi poi in una vera passione per la cucina nel suo complesso. Uno dei piatti che più mi lega all'infanzia sono le sagne 'ncannulate, delle specie di tagliatelle arrotolate su se stesse. Anni fa, qui a Seta, le abbiamo preparate, ma con una rivisitazione: condite con trippa di vitello e scampi. Questo piatto è piaciuto non solo per la consistenza della pasta, ma anche per la combinazione insolita di trippa e scampi. Un'ispirazione che trae le sue radici dai ricordi delle domeniche passate con i miei parenti. "

Quindi si può dire che ogni tua idea nasce principalmente da un’emozione?

"Dall'emozione spesso scaturiscono intuizioni o evoluzioni. I piatti iniziano in un modo e attraversano un percorso di evoluzione, cercando costantemente di migliorarsi. A volte nascono da intuizioni semplici, partendo dal prodotto e costruendo il piatto di conseguenza. In alcune occasioni sono stato fortunato, con la prima idea già buona e confermando il processo di realizzazione. L'arte consiste nell'abbinare due o tre ingredienti in modo bilanciato fin dall'inizio. La mia vera gratificazione arriva quando vedo i ragazzi felici e sorridenti, rendendosi conto del successo del piatto che abbiamo creato insieme."

Da oltre 20 anni, condividi la cucina con Federico Dell’Omarino, Executive Sous-Chef e tuo braccio destro. Che importanza gioca il team nel tuo successo e quali sono gli ingredienti fondamentali per un team vincente?

"L'ingrediente fondamentale per un team vincente è la condivisione, unita ad una continua ricerca di novità e la voglia di sperimentare. Immagina un cuoco che, per esempio, cucina lo stesso piatto per un intero anno. Pur mantenendo l'attenzione sui piatti storici, ritengo importante introdurre nuovi elementi: la varietà stimola la creatività e offre al team l'opportunità di mettersi alla prova in modi diversi. Specialmente oggi, con la proliferazione dei programmi televisivi incentrati sulla cucina, è importante che i giovani chef siano guidati da una passione autentica e non solo dalla voglia di apparire. Il mio messaggio sincero per chi aspira all'eccellenza nella cucina è semplice: non ci sono segreti. Ripetere gesti familiari è parte integrante del processo. Come dico sempre, cucinare è come suonare un pianoforte: più lo fai, più diventi bravo. Cercate di comprendere e conoscere il prodotto, la tecnica, l'attenzione e la sensibilità. Questi elementi fanno la differenza, anche se le ricette sono importanti. Anche uno spaghetto al pomodoro, pur sembrando semplice, non è affatto banale. Con la dovuta cura, può trasformarsi in un piatto straordinario."

Oltre ad essere uno dei massimi rappresentanti dell'eccellenza gastronomica italiana, da molti anni, insieme a tua moglie e con il supporto del Mandarin Oriental, sei impegnato attivamente per sostenere una causa sociale. Ci racconti di più su questo progetto che unisce cuore e cucina?

"Da circa quattro anni io e mia moglie abbiamo aperto le porte della nostra casa per un'iniziativa speciale a sostegno dell'organizzazione no-profit L'Abilità, impegnata nell'inclusione e nella cura dei bambini con disabilità. Organizziamo pranzi privati direttamente a casa nostra, coinvolgendo i partecipanti in un'esperienza unica per portare alla luce la realtà della disabilità. È incredibile vedere come le persone sposino non solo la causa, ma anche la nostra casa e la nostra visione. Questo progetto è un successo grazie alla generosità delle persone che decidono di unirsi a noi. Oltre alla donazione, è la partecipazione attiva e il senso di comunità che rendono questa esperienza così speciale. È una sinergia tra il nostro impegno e la generosità delle persone che continua a crescere nel tempo. È un progetto che ci piace moltissimo."

C'è un momento o un aspetto di questo progetto benefico che vorresti condividere? Qualcosa che rappresenti il cuore di questa iniziativa e che ti gratifica particolarmente?

"Un elemento straordinario di questo progetto è il contatto diretto con persone speciali, animate dalla voglia di fare del bene e di contribuire al benessere degli altri. È gratificante collaborare chi ha avuto successo nella vita e desidera condividere la propria fortuna con chi ne ha bisogno. Per partecipare ai pranzi basta contattare l’Abilità e, in base alle disponibilità, organizziamo tavolate mensili per 12 commensali. Il menù degustazione di sei portate è una sorpresa, è concepito per creare un'esperienza culinaria conviviale e familiare. Molti partecipanti hanno espresso il desiderio di prolungare la permanenza anche dopo il pranzo – si crea tra gli ospiti una vera e propria atmosfera amichevole.
L’ iniziativa va oltre la semplice preparazione di piatti stellati: è una dimostrazione tangibile di come la passione per la cucina possa essere veicolo di cambiamenti positivi nella vita delle persone.
Il successo di questo progetto è reso possibile grazie al prezioso supporto di colleghi, sponsor, media partner e al coinvolgimento attivo di mia moglie. Questa iniziativa ha dimostrato di essere vincente nel tempo, raccogliendo generosi fondi — questo aspetto non solo ci riempie di orgoglio, ma ci permette di toccare con mano l'impatto positivo che possiamo avere nella vita delle persone. "

Per vivere un'esperienza a Casa di Antonio: Gustare, Condividere e Sostenere

Lo chef stellato Antonio Guida e sua moglie Luciana aprono le porte della propria casa una volta al mese per l’evento culinario "A casa di Antonio". Durante questi pranzi speciali, un gruppo selezionato di ospiti ha l'opportunità di assistere lo chef e il suo team mentre preparano una selezione esclusiva di piatti tratti dal prestigioso menu del ristorante Seta, due stelle Michelin presso il Mandarin Oriental, Milan.

Ogni partecipante contribuisce con una donazione minima di 700 euro a persona, il cui intero ricavato va a sostegno dell’Associazione Onlus L’abilità. Questa iniziativa mira a sostenere il servizio "Le piccole case", che accoglie bambini con disturbi dello spettro autistico. L'evento è reso possibile grazie alla collaborazione di Mandarin Oriental, Milan, del ristorante Seta, di Dior Maison per gli allestimenti, di Cook Corriere della Sera come Media Partner e di selezionati fornitori. .

Per prenotare questa esperienza è sufficiente inviare una mail a raccoltafondi@labilita.org.


“A casa di Antonio”: crediti immagini Matteo Carassale

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